giovedì 14 novembre 2013

Introduzione: Turbe Giovanili

Prendiamo il toro per le corna. E' un saggio sulla poesia questo?
Risponderei: sì, ma non solo. E’ un saggio sulla storia della letteratura.
Di certo ciò che è accaduto negli anni 90 è qualcosa di singolare e degno di attenzione: una miscela esplosiva di poesia, musica e degenerazione giovanile che chiamo Rap Italiano Underground (d’ora in poi RIU nel testo) si presenta all’orizzonte dell’immaginario collettivo; ignorato dalla critica e dalle masse questo particolare genere musicale nasconde, dietro uno stile (il rap) il seme del genio artistico di natura letteraria: qualcosa che viene di solito preso  molto più seriamente.
  
L’hip hop italiano è un particolare genere musicale e non solo, che fino a un tempo passato relativamente breve, nella coscienza collettiva comune, non nutriva di grande rispetto. Siamo stati abituati a liquidare questo genere di cose come roba da adolescenti dai modi volgari, vestiti in maniera goffa e che usano un linguaggio fortemente gergale; materiale adatto a costruire delle facili gag, la cui comicità volontaria o involontaria, si presta bene a lazzi perbenisti e reazionari. Le radici di questo atteggiamento nascono dalle peculiari modalità con cui l’hip hop si è diffuso in Italia.[1]  
Incapaci di comunicare con i codici di questo mondo di ragazzini schivi e presuntuosi, i critici musicali si sono sempre limitati all’attestazione di un fenomeno, senza mai volersi troppo sporcare le mani. Poi.
Poi.
Dal 2005 è arrivato sul grande palcoscenico Fabri Fibra e la cosa non si è più potuta ignorare. Sia perché il suo evidente successo commerciale ha attirato le attenzioni dei mezzi di comunicazione di massa, sia perché le sue parole andavano a colpire dritto la pancia e il cuore degli italiani come solo la poesia e la letteratura possono fare.
Così Fabri Fibra è sulle copertine dei giornali. Fabri Fibra è in televisione. Fibra e le sue parole corrosive. Fibra, il pericolo per i nostri figli. Fabri Fibra il cattivo maestro. Ma anche Fibra giudicato da Saviano l’avanguardia della letteratura. E all’improvviso, con l’hip hop tutti hanno voluto  averci a che fare. L’hip hop italiano ha assunto un nome e una storia. E’ diventato qualcosa di cool e alla moda. Ebbene la storia dell’hip  hop italiano (ma sarebbe certamente più appropriato dire rap italiano) comincia sul finire degli anni 80 ed è soprattutto negli anni 90 che questa storia raggiunge i suoi massimi livelli in termini di qualità.[2]
Il RIU ha avuto sviluppo breve in un momento storico ben preciso: la seconda metà degli anni 90 ed è finito esattamente all’inizio del nuovo millennio.

Sono giunto alla conclusione che ciò che è accaduto in quel breve periodo ha il sapore di qualcosa di epico, qualcosa che ha il diritto di stare nelle pagine di un libro che ne dia la misura del tributo che gli spetta. Non mi vergogno di avvicinare la storia del RIU anni 90 a quella della Beat Generation o a qualsiasi altro movimento artistico e letterario. Del resto fin dalla sua nascita, sul finire degli anni 70, l’hip hop può, a ragione, essere considerato una forma di ‘poesia in movimento.’[3]
In questo senso è mia ferma convinzione il fatto che il valore letterario di molti brani di rap italiano dell'epoca sia una realtà solida. Fabrizio Tarducci, Giovanni Cassano, Sandro Orrù, Francesco Cellamaro e altri hanno fotografato lo spirito del tempo come solo i poeti e i letterati sanno fare. E l’hanno fatto a partire da una ricerca stilistica che è un vero e proprio lavoro di lima sulle parole.
 Capisci densità e consapevolezza spezza giovanotti con dimestichezza - declamava Turi, il cui nome vero è Salvatore Scattarreggia, paroliere calabrese particolarmente dotato d’inventiva di cui e di molti altri, troverete traccia nel corso di questo testo.
Densità, il tentativo di dire il massimo con il minimo di parole o con le parole più giuste. Consapevolezza termine che racchiude saggezza, tradizione, impegno politico e sociale. Spezzo giovanotti con dimestichezza. Gare verbali. Il Freestyle. Al di là dell'evidente gioco di parole giovanotti/Jovanotti  qui si tratta della  peculiarità dell’hip  hop: la tenzone poetica, il cerchio, il ring dove si celebra la sfida a chi è il migliore. Tutto ciò appartiene alla storia dell’hip  hop ma allo stesso modo fa parte della tradizione della poesia orale.

Paradossalmente in un’epoca in cui si ricorre quasi soltanto a Google, Facebook, Wikipedia e Twitter per ogni informazione, dallo spiare chiunque ci capiti sotto tiro per nome e cognome, alle indiscrezioni sul cantante morto di overdose, quel tanto che manca oggi di informazione sta nella cadenza del buon vecchio libro. L'ordine della parola scritta, la conoscenza diretta dei fatti, una critica sui testi; ciò è del tutto assente, riguardo a quella particolare storia che si racconta qui. L'informazione 2.0 seppur ricca di particolari è terribilmente povera in spirito. Potremmo probabilmente usare Wikipedia e magari ricostruire perfettamente, nomi, date, storie, fatti, dare un ordine cronologico, una data d’inizio e una di scadenza. Fare insomma una banale storia del rap italiano. Non è nel mio intento e non è uno degli obiettivi primari di questo libro; non sono questi infatti né l'approccio né la metodologia d’indagine che preferisco.[4]
Prima di tutto non amo le cose noiose. Poi ho preferito seguire un mio filo logico personale, ed è stato possibile farlo grazie ai fatti che ho vissuto molto da vicino. Ho conosciuto personalmente molti dei protagonisti dell’hip  hop italiano anni 90 poiché in quell'epoca si definiva la mia sorte di ventenne e di quel giro facevo parte, sebbene soltanto nelle vesti di fruitore. Se il clima allora in Italia non lasciasse intendere che qualcuno stava scrivendo una storia, una bella storia, col senno di poi, riflettendo su quegli anni, ho capito che un manipolo di ragazzini bianchi del ceto medio italiano provava a ricomporre un mondo in frantumi, scrivendo poesie. Poesie che cercavano una risposta agli eterni quesiti dell'adolescenza e che sono poi quelli di tutta una vita. Niente di nuovo, s’intenda. E' qualcosa che accade e che accadrà sempre, nonostante lo svolgersi delle stagioni, il passare delle generazioni, l'avvento della tecnologia più disumana e spersonalizzante. Ciò che sfugge e che è mia intenzione mettere in luce con questo libro, è la purezza di quella ricerca e la peculiarità da un punto di vista più propriamente letterario. Tale purezza (che via via, va detto, si è persa) rappresenta a mio modo di vedere, la medesima purezza che ha animato la gioventù di tutte le epoche e che ha dato i frutti migliori a livello di letteratura e di arte. Del resto, perché le fantasticherie di Kerouac negli anni 60 e dei suoi amici freak vanno considerate importanti e degne di far parte della storia della letteratura contemporanea, mentre i giochi verbali dei poeti del rap anni 90 devono  venire liquidati velocemente come volgarità eccessive di ragazzini degenerati, figli di una borghesia annoiata, incapaci di amare e privi di valore letterario e artistico? Del resto, è questo quello che accade.

La storia del rap italiano è ricca e complessa. Inoltre gli italiani sono da sempre interessati al rapporto tra parola e musica; cantautori come De André, Battisti, Dalla non sono forse la spina dorsale della memoria storica popolare italiana? Del resto, ci sentiamo sempre portati a sottolineare, trattando questi artisti, il fatto che le loro opere rappresentino ben di più della forma canzone che le caratterizza? Ciò che hanno fatto questi poeti negli anni 60 e 70 non è molto diverso da ciò che hanno tentato di fare (riuscendoci, nonostante il fallimento commerciale) i ragazzi del RIU degli anni 90. Se a qualcuno si sollevano i peli sulla schiena a leggere affermazioni di questo genere, sono sicuro che alla fine della lettura di questo libro la sua opinione potrà vacillare. Anche perché il bersaglio critico del libro è proprio lui. Il mirino è puntato su questo tipo di false concezioni che tenderebbero a escludere gli ambiti, a glorificare una sola versione del passato.
E' mia intenzione soffermarmi in particolar modo sugli aspetti poetici del rap italiano che certamente sono entità solide (basta studiarle) e che proverò modestamente a mettere in luce. E' la parte più interessante e anche affrontata di meno (per non dire che non è stata mai affrontata) da chi mi ha preceduto in questo ambito. La storia dell’hip hop italiano è stata scritta in varie forme. E' giunto il momento, essendo passati tanti anni ed essendosi lo sguardo prospettico settato nel modo corretto, che finalmente si faccia onore e giustizia a questi poeti dimenticati. La maggior parte dei protagonisti di quel periodo infatti non ha raggiunto la celebrità (sebbene alcuni di loro siano molto conosciuti tra i trentenni di oggi.) E' un dato di fatto. Ed è la cartina tornasole dell'iniziatica credenza che il successo popolare è inversamente proporzionale al genio artistico. [5]
Ed è anche la molla che mi ha spinto a indagare.

Che cosa amavo, amo e amerò sempre di quel periodo? Fondamentalmente l'onestà intellettuale e l'integrità artistica. A guardar bene, sono  proprio queste caratteristiche che fanno di un artista, un grande artista. Dicevo del fatto che il successo commerciale non è arrivato per molti dei personaggi di questo libro. E' una storia di apparenti fallimenti. Tranne almeno in due specifici casi: Neffa e il protagonista principale di questo libro, Fabri Fibra.




[1] Vedi capitolo 1 pp. 11-14.
[2] Si definisce Hip Hop l’insieme delle quattro arti:  breaking, writing, rap, djing.
[3] Secondo la felice definizione di Adam Bradley, presente nel suo testo del 2009 Book of Rhymes The Poetics of Hip Hop in cui sostiene che ‘Flow is where poetry and music communicate in a common language of rhythm.’
[4] Il che non significa che non è mia intenzione verificare gli aspetti storici; cercherò anzi di fornire di note il più possibilmente accurate, tutte le affermazioni del testo che si prestano a controversie. [N.d.A.]
[5] Sul periodo delle posse vedi Pierfrancesco Pacoda Hip Hop Italiano. La CNN dei poveri Einaudi 2000. Sull’Hip Hop Italiano vedi Damir Ivic Storia ragionata dell’hip hop italiano Arcana 2010; Michele Monina Generapzione. Viaggio nell'hip hop italiano da Celentano a Fabri Fibra Rizzoli 2007.