Capitolo 2.4 Fibra - Dei di Mare quest'el GRUV (1996)

I due mixtape che sanciscono l’esordio di Fibra nel mondo del rap sono Uomini di mare Dei di Mare quest’el GRUV (1996,) vero e proprio esordio di Fabri insieme a suo fratello Nesli e ad altri personaggi seminali della scena della costa est tipo Word da Rimini (sul quale avrò modo di tornare in seguito) e Qustodi del tempo Il rapimento del vulplà (1997).
In Dei di Mare quest’el GRUV Fibra tratteggia il suo mondo fatto di cazzeggi pomeridiani, poche donne e tutto votato alla produzione del rap. L’ennesima giornata ultima traccia del lato A è fondata su di un classico topos del rap: una tipica giornata da rapper, senza che accadano tutte quelle cose negative che invece caratterizzano la vita nel ghetto: assassini, sparatorie, furti, sesso e droga. Un esempio illustre è Today was a good day di Ice Cube.  Fibra affronta la tematica così.

Fabri Fil:
Dal silenzio più completo viene fuori come polvere,
si aggira intorno a me; la sento vivere mentre comincia a piovere.
I miei pensieri riordino e mi ritrovo il caos di  tempo fa,
capita a tutti ‘sto giro tocca a me.
Ci si crede a mala pena, così mi sento calendarman:
sciocca la mia giornata come piazza Tian An Men.
Faccio questo e quello, telefono che  squilla
lavori in corso perso in un discorso che non fila.
Un altro giono arriva tipo Via col vento
se ti senti in forma vien da qui che ti accontento;
io passo giornate intrippandomi su di un technico  nei glin
pratico del mio mondo  mentre ti guardo dal palazzin.
Sai che la storia va così, mi sembra già da un secolo
Fabri che scrive Ragio lavora sul MacIntosh;
capita a volte che dei due se ne spegne uno…
Questa è un’altra giornata andata in fumo.
[…]

Non vivendo nei ghetti la giornata tranquilla rasenta la noia assoluta, ma almeno Fibra non si inventa un mondo di gangster marchigiani e resta sul piano della realtà. Riguardo alle rime la percezione è quella di un Fabri non ancora dotato di particolari tecniche ma desideroso di comunicare, con urgenza giovanile, tutto il suo bisogno di evadere dalla realtà, fatta di monotonia e illuminata soltanto dall’arte di produrre beat e rime. Non stiamo parlando di niente di eccezionale in verità: lo stile è macchinoso, le rime e le immagini non sono sempre felici come lo saranno in seguito ma si capisce che dietro c’è qualcosa. Siamo lontani anni luce dalla rigidezza stilistica delle posse, da quel rap privo di inventiva e tutto rivolto alla rivoluzione. Come già detto, siamo in una fase intimistica in cui ci si rivolge alla propria vita, quello che Fabri chiama ‘il mio tutto.’ Come in Stanco del mio tutto, prima traccia del lato B.

Fabri Fil:
Funziona così va bene così.
Qualcosa non va in me, stanco del mio tutto;
per tutto quello che si dovrebbe dare,
macché per un motivo od un altro non c’è spinta in me.
Funziona così, va bene così io, come una gal da  matti,
dò dipendenza in testa, tanto quanto mi faccio personal, devastandomi e restando nel mio tutto, Yo!
Sognando per istinto il mio debutto…
Ma intanto, cinque di mattina in piedi
io vivo senza  te,
cinque minuti e poi ti ritrovi nei miei pensieri;
rassomiglio se ti do  il meglio come quando scelsi solo te.
Io ti dò infottamento da mc alla grande ma non basta,
so quello che vuoi e so cose che tu pretendi
ma le volte io penso a come stare senza te.
Tu sconvolgi i miei comportamenti poi mi diverti quando diventi isterica.
Sei per me sola dalla nascita quindi grazie a te
so come mi  ha fatto chi mi ha tirato su,
nel mentre che affidava il tutto nelle mani sue.
Tu sappi che ho capito chi tradisce non è mai dello stesso sangue,  comunque consumi i miei giorni già dal nove cinque.
Sono fatto così arrivando lentamente a ‘sto risultato io tempero le mie matite che sulla carta non mi fanno attrito.
Qualcosa non va in me, stanco del mio tutto...
[…]

La metrica è macchinosa ed eccessivamente irregolare, eppure la canzone ha un suo fascino, costruita su di un beat piuttosto asfittico e una chitarra che non esiterei a definire brutta. Sembra che Fabri in questo caso parli, intervallando qualche rima e spostando molto spesso gli accenti. L’andamento è sghembo  come quello di un ragazzino lamentoso e con le idee poco chiare su cosa dire, ma nonostante questo, si percepisce una certa freschezza, il bisogno di esprimere qualcosa di profondamente interiore, in una forma, seppure piuttosto acerba, decisamente nuova. E’ lo spleen di un ragazzino borghese che chiuso dentro la sua camera pensa a come tutto non vada né male né bene. E’ l’apatia. E poi i riferimenti alla madre e al padre e alla solitudine, alla mancanza di affetti tutto è buttato lì con un certo disordine e con poca chiarezza.