Capitolo 2.7 Word (e Fibra) parte 2 La Monomania

Word rivendica un mondo puro, disintossicato dalla pubblicità, dalla televisione e dagli stereotipi che utilizza continuamente tra le sue rime. In questo si fa il più esplicito cantore del rifiuto di quel mondo in cui come adolescente è cresciuto ed è rimasto invischiato. Un mondo grigio, monocorde, fatto di palazzi alveari, popolati da un’umanità schiava delle proprie piccole abitudini, dei propri gretti valori e lavori umili. Una provincia che non ha problemi di benessere ma piuttosto problemi di senso che negli adolescenti emergono in maniera prepotente. Siamo negli anni 90 più pieni, quelli della crisi non ancora economica ma crisi della famiglia tradizionale e della politica. Crisi su cui la televisione specula. I centri commerciali si sostituiscono alle botteghe e diventano luoghi di aggregazione. La pubblicità punteggia il paesaggio urbano con il suo conformismo. Il disagio per tutto questo, in quelli della generazione di Word e dei poeti marci viene incanalato in qualcosa di positivo ed è il flusso poetico dell’hip  hop, una sorta di fede in cui astrarsi e in cui vivere contro il resto del mondo. La così detta Monomania.


 Monomania che viene descritta da Word e Fibra in uno degli episodi più memorabili di Sindrome di Fine Millennio.
              






Word:
Monomania è il minimo che mi minimizzi i mali
meno male che ho la mia Monomania.
Vivo nell’alveare dove viene la luce del sole a scaldare le mani di Monomania.

Fibra:
Io con la mia monomania vivo
in un’economia d’agonia.
Magoni in atto,
meno mi adatto:
conduco una vita da sciatto.
Penso che la casualità
se è positiva la vedi da un metro
ma se negativa la senti arrivare  da dietro. Si sa.
Pensa che un po’ di tempo fa
un problema prima di presentarsi,
passavano i giorni per il mio strafarsi…
E che gioia ammalarsi.
Star silenziosi in camera ascoltando la casa svuotarsi tra duemila testi sparsi...

Il flusso perfetto di Fibra tratteggia con poche efficacissime pennellate la frustrazione e il disagio di quei tempi e lo fa con la più alta poesia.

Penso che la casualità se è positiva la vedi da un metro ma se negativa la senti arrivare  da dietro.[…]
E che gioia ammalarsi. Star silenziosi in camera ascoltando
la casa svuotarsi .[…]

Sono parole che rendono esplicito un senso di impotenza che è tipico degli adolescenti di quella generazione e che Fibra rende in maniera emozionante. Un senso di impotenza che era quello di tanti ragazzi di fronte al disfacimento del proprio nucleo familiare come nel caso personale di Fibra che emerge in quel ascoltando la casa svuotarsi...  

Word:
Può darsi
ci si può dimenticare di rinnovarsi
e per non trovarci vecchi ad autocommiserarci
mi disfo delle dicerie decrepite monomaniacali
escogito linee che ai vecchi nostri non piacevano perché le davano in saldo,
che poi sia vero che comanda il sold’
è da ver da burdel…
Tanto io mi scaldo
con la monomania
come lo sguardo dell’iride
opposto alla monocromia monotona neutra
[...]

Anche Word ci mette del suo e aggiunge una sorta di Stream of consciousness che si fa delirante e privo di un centro in cui le cose per sentito dire e i proverbi degli anziani si miscelano in una sorta di  mostra delle atrocità dell’incomunicabilità tra generazioni..

Fibra:
Vado a casa mia poco più in là.
Un amico che viene un amico che va.
Posto che vai, posto che trovi;
dipende poi da quand’è che ti muovi.
Così l’addio poi passa un altro periodo
ma come ti metti poi ti rimetti,
come di fatti ma metti i difetti,
che aspetti, che inietti?
Ci fai o ci rifletti?
Non rispondi mi sfondi ma ti nascondi, connetti?
Volti tumefatti dall’impatto coi bigotti.
Lotti e svolti per otto notti
con i peggio pirlotti;
non che dire non che ma,
ma ogni donna è un problema:
fa la scena con te ma  con gli altri non se la mena.
Mica è scema si allena.
Crema crema blasfema,
ci scommetto che con te a letto
dice gli altri fan pena.

Word:
Vivo nell’alveare reale cemento;
sento rumori di fondo,
odore di gas di scarico,
un mare di testi  intorno.
Col giorno già spento
filtro luce arancio,
mangio sotto un coccio
che portava il vento.
Dio sa che io sono nato qui
quindi qui salperò il resto girerò
ma poi qui tornerò però
racconterò voi che qui rimarrete
di fuori come qui quindi ci crederete.

La poesia di Word assume un carattere oracolare, misterioso ed ermetico
mangio sotto un coccio
che portava il vento

e un vero e proprio scioglilingua mentale di non immediata comprensione.
Dio sa che io sono nato qui
quindi qui salperò il resto girerò
ma poi qui tornerò però
racconterò voi che qui rimarrete
di fuori come qui quindi ci crederete.

La soluzione logica è tutta in quel valore transitivo o intransitivo che si deve attribuire a racconterò voi: racconterò (a) voi il di fuori come vi ho raccontato bene il qui e voi ci crederete.
O racconterò voi di fuori [cioè racconterò fuori la storia di voi che siete rimasti qui; e come se io fossi rimasto qui (come qui) quindi ci crederete (cioè sarò credibile.)]

Fibra:
Tu che ne sai tu che gli dai
tu che chiedi zero zero fai,
rime in gelo più che mai
o sopra gradi  fahrenheit;
e sei immutabile malleabile
valido labile mente instabile
turabile amabile uomo di mondo
dallo sfondo variabile.
Favole. Su favole.
Mastichi l’impossibile.
Masterizzi col tempo
tirano il doppio le mandibole.
Io con la mia monomania
ci metti meno che a darla via,
ciò che conta non mi manca,
ciò che conta è la teoria.

Word:
Mise le radici.
S’appiccicò alle dita l’olio
di ‘sta penna al foglio.
So tutto quel che pensi e dici.
Veri amici voglio come nel mondo
corrispondo sensazioni pure coi passanti replicanti.
Immagini in sequenza stanno fisse alla corteccia.
Danze che si muovono  alla spiccia.
Sbuccia il ritmo in questa breccia per l’anima.
Le mani che si muovono all’unanimità.

Tensione minima... Monomania.