Capitolo 1.6 Neffa e l'ermetismo rap di Chicopisco

Il delirio di Neffa si manifesta  nella scelta dell’adozione di un  linguaggio che non esiste. L’EP Chicopisco è un capolavoro d’invenzione rap. E’ l’ultimo disco di Neffa in cui rima. Vale la pena approfondire le invenzioni di questo linguaggio che nasce dalla disperazione.
L’incognita traccia numero 4, prodotta da Fritz Da Cat, il cui vero nome è Alessandro Civitelli, personaggio chiave del RIU (il quale poi riporterà il brano nel suo secondo disco Novecinquanta) è un breve (dura poco meno di quattro minuti) capolavoro di invenzione lessicale e guizzi linguistici degni di un poeta futurista. Creatività totale, figlia della disperazione, Neffa in questa fase della sua vita non sa letteralmente che pesci prendere e cosa fare della sua carriera. Gli sarà certamente sembrato di essere a un punto morto, finita l’esperienza commercialmente fallimentare dei Sangue Misto e con ancora poco chiara l’immagine di quello che sarebbe stato il suo futuro successo (sebbene già assaporato con Aspettando il sole disco d’oro nel 1996.)
Dopo otto anni di rap ossessione Neffa cade preda di una sorta di delirio e si inventa un linguaggio che nessuno capisce; si chiude in un cupo flusso interiore che giustamente definisce l’incognita, ciò che non può essere compreso. Il suo è un linguaggio oscuro fatto di assonanze e rime vertiginose, un po’ italiano un po’ no, pieno zeppo di neologismi e calembour. A mio parere uno dei brani più importanti di questa particolare forma di poesia che è il RIU.

Neffa:
Un chico contro  tutti a posto mo'
hello sto bello io gastro crocifixi
isnefs vieni via col Fritzkies
passami 'sto kit
pressami
spingimi fino coi Technics.
Megamix con i fritz beat bella lì
batuì mettila a giro tipo frisbee
con lo skunk spliff segui i tempi dell'ipno
piscopo dedito al pushing gusci di cremeria
sette g para dia sangue mix e via.
Trip o strip strippo pro strippo joe
strippo spleen  splatterin'
flip mode sto freak mo' sto
sul disco sul nastro e impasto c’ho
th  esco estro aspro minimo
fino alla fine di fino
dentro casino fuori Pellino
enuncia pronuncia rappa funcia
spaccia blues papabumcha chico ecuchame mo, vuoi gabi'?
Rinuncia...
Rit.
Sentimi ma non puoi prendermi
devi riconoscermi e forse finirà così:
io sono l'incognita chiuso dentro l'anima che non si può uccidere
uno già fottuto in pieno è solo come Nemo...

L’invenzione di Neffa non sarà mai compresa del tutto, il disco cadrà nel dimenticatoio e ciò non di meno quelle di Neffa sono fra le liriche più interessanti e intense che una mente abbia mai partorito nell’ambito del rap italiano. Si intravede questo male interiore quando il linguaggio perde la sua oscurità, si fa intellegibile e Neffa passa dal rap al canto. Devi riconoscermi e forse finirà così canta e sembra proprio che questo sia il suo discorso interiore, la sua speranza, frutto di quegli anni d’indecisione e di quella sete di successo che lo porterà ad abbandonare tutti gli stilemi del rap, in altre parole il suo passato,  per indossare i panni puliti e ben più presentabili del cantante italiano, il suo futuro. Ma in quel momento l’incognita è la sua condizione esistenziale angosciante che ci parla e ci dice  io sono l'incognita chiuso dentro l'anima che non si può uccidere sono già fottuto in pieno io solo come Nemo...

Se c’è dunque qualcosa in cui differiscono Fabri Fibra e Neffa, entrambi nomi monumentali del RIU e con un passato comune, entrambi artisti affermati e di successo, la differenza sta nel cambio di rotta. Che nel caso di Fibra non c’è mai stato. Tradimento, il primo disco stampato per una major, la Universal Records nel 2006 porta Fibra a far credere al proprio pubblico che lui è un traditore. Qualcuno gli ha creduto. Soprattutto quelli della vecchia guardia e gli invidiosi. Ma di tradimenti in Tradimento non se ne sentono: è puro hip hop della qualità migliore. Neffa ha dovuto mutare pelle decine di volte come se fosse ossessionato dal desiderio di diventare famoso, fino a quando ci è finalmente riuscito. Possiamo mascherare questo atteggiamento con il camaleontismo dell’artista totale? E’ una domanda a cui non c’è risposta. Il sospetto che può nascere è che non sia così e la svolta sia in qualche modo nata sul tavolino di qualche major discografica. La domanda è: può un artista così esterofilo nella sua fase giovanile trasformarsi in un cantore popolare italico? Quanto è lecito nel processo artistico rinnegare le proprie radici, riuscendo a non disintegrare la propria integrità intellettuale? Jovanotti l’ha fatto. Neffa l’ha fatto. Fabri Fibra no.[1]




[1] A proposito della fase di cambiamento di Neffa vedi l’intervista che viene riportata da Damir Ivic nel suo libro Storia ragionata dell’hip hop italiano op. cit. p. 181-183. In quell’occasione Neffa interpreta la propria scelta come la necessità di raggiungere un pubblico più ampio. Il desiderio che ‘la sua musica stia sulla bocca della gente.’ Personalmente posso anche essere d’accordo. L’interrogativo però rimane.